mercoledì 12 ottobre 2011

Ipse dixit: governo Goria, governo Berlusconi, e la fiducia sul bilancio. Berlusconi ci riporta alla prima Repubblica

Il 10 Ottobre 2011 la Camera dei deputati ha respinto l'articolo 1 del bilancio relativo al 2010.
Dal sito della Camera dei deputati, resoconto stenografico, (presiede il vicepresidente della camera Rosy Bindi):
Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: S. 2803 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 4621); S. 2804 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011 (Approvato dal Senato) (A.C. 4622)
Presidente: Se nessuno ancora chiede di intervenire, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
[...]
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti e votanti 580
Maggioranza 291
Hanno votato sì 290
Hanno votato no 290).
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori. Dai banchi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Italia dei Valori si grida: Dimissioni).

Qualcuno nell'opposizione sostiene che la bocciatura dell'articolo 1 del bilancio 2010 tecnicamente equivale ad un voto di fiducia con esito negativo. Infatti, sostengono, il bilancio, essendo un resoconto, non può essere ripresentato emendato. Bloccando di fatto l'esecutivo. Probabilmente è per evitare questo automatismo che immediatamente i parlamentari del PDL hanno chiesto un voto di fiducia sul Governo Berlusconi IV, una mossa altrimenti difficile da capire. Invocando un voto di fiducia probabilmente sperano di evitare una discussione sull'automatismo del voto sul bilancio.

Infatti si è subito parlato di un precedente, nel 1988, durante il Governo Goria, presieduto da Giovanni Goria. Anche in quel caso il bilancio fu respinto in Parlamento, e ciò provocò le dimissioni del Presidente del Consiglio, inizialmente respinte, ed in seguito la caduta del governo.
Ma questo non è importante. Ciò che ritengo interessante sono le dichiarazioni del giorno successivo al voto (il giorno del voto, così come nel caso del Governo Berlusconi IV, la seduta fu sospesa per tempi tecnici, viste le ovvie conseguenze politiche e amministrative della bocciatura del bilancio). E' anche da ricordare che dal 1988 molte cose sono cambiate tra leggi e regolamenti, ma nel 1988 il voto contro il governo non fu sull'intero impianto del bilancio, ma i problemi furono generati dal voto su una tabella facente parte del bilancio. Inoltre in passato il confine tra il bilancio e la finanziaria era meno marcato di oggi, e prima del 1988 lo era ancora di meno. Per questo motivo nei passi sotto riportati spesso ci si riferisce ad una prassi che prevedeva il ripresentare da parte del governo alcune tabelle modificate.

Nel guardare al lontano 1988, è inevitabile il rammarico: è tristemente evidente come non solo i tempi non siano cambiati, ma anche come nei fatti Berlusconi ci abbia riportato nel pieno della Prima Repubblica.

Leggiamo brevemente il risultato della votazione del 9 Febbraio 1988 (pdf del resoconto):
Seguito della discussione: S . 471 . — Bilancio di previsione dello Stato per l' anno finanziario 1988 e bilancio pluriennale per il triennio 1988-1990 (approvato dal Senato) (2044).
[...]
Presidente: Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, con l'allegata Tabella 1/A .
(Segue la votazione) .
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 519
Maggioranza 260
Voti favorevoli 255
Voti contrari 264
(La Camera respinge — Applausi all'estrema sinistra, a destra e dei deputati dei gruppi della sinistra indipendente, verde, federalista europeo e di democrazia proletaria — Si grida: «Via! Via! A casa!»).

Leggiamo le dichiarazioni dell'epoca (presiedeva Nilde Iotti) dal resoconto stenografico della seduta del giorno successivo, 10 Febbraio 1988 (pdf):
[...]
Presidente: Ricordo che nella seduta di ieri è stato respinto l'articolo 3, con l'annessa tabella 1/A. Il Governo ha successivamente presentato l'articolo aggiuntivo 4.01 (da premettere all'articolo 4), che ripropone in un testo modificato l'articolo e la tabella respinti nella seduta di ieri. La Presidenza ritiene ammissibile tale articolo aggiuntivo in base ad una prassi consolidata, dovendo la Camera pronunciarsi su un bilancio completo di tutti i relativi stati di previsione.
[...]
VALENSISE. Signor Presidente, poc'anzi, dichiarando l'ammissibilità dell'articolo aggiuntivo presentato dal Governo, ella ha fatto riferimento ad un a prassi consolidata, e su ciò nessuno può dissentire o darle torto . Infatti, non è purtroppo la prima volta che sulla strada del Governo e della maggioranza si verificano incidenti di percorso di questo genere. Non vorrei però che si consolidasse un a prassi che ritengo non consolidabile, cioè quella secondo cui un Governo senza maggioranza continua a rimanere in carica in attesa di chiarimenti o di tempi migliori oppure di chissà che cosa. Parallelemente a questa situazione oggettiva del Governo, si sviluppa nel paese, sulla stampa ed in Parlamento una polemica a distanza all'interno della maggioranza: al Presidente del Consiglio viene contestato da eminenti giornalisti (lo abbiamo ascoltato ieri sera in televisione) il fatto che il Governo sia privo di una maggioranza che lo sostenga e che, pertanto, dovrebbe dimettersi.
Questa opinione, condivisa anche all'interno della maggioranza ma respinta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, induce autorevoli parlamentari a sollecitare precisazioni del resto ovvie, com'è ovvioaffermare che senza maggioranza non solo non si possono approvare la legge finanziaria e il bilancio dello Stato ma non si può approvare alcun 'altra legge.
E questa una tesi ovvia che troviamo anche sulle labbra degli esponenti della maggioranza (per tutti si è espresso il Presidente della Commissione bilancio, onorevole Cirino Pomicino), ma, a prescindere dalla rispettabilità delle opinioni e dal fatto che d'altronde ci troviamo di fronte non ad una opinione ma alla constatazione oggettiva di un fatto, che cosa produce questa situazione di disagio nel Parlamento?
La Camera si trova a dover percorrere quest'ultima fase dell'approvazione del bilancio dello Stato in una situazione di incertezza e di ambiguità, nella quale si è costretti a far ricorso troppo spesso alla «prassi consolidata» della presentazione di nuove tabelle, frettolosamente predisposte dal Governo .
Anzi, noi immaginiamo che il Governo abbia non le ruote di scorta, ma le tabelle di scorta di tutti i dicasteri in vista di eventuali future bocciature che possano verificarsi in presenza di una situazione di scollamento della maggioranza!
Comunque riteniamo — e mi rivolgo alla cortesia dell'onorevole Presidente della Camera — che i nostri lavori non possano più proseguire in queste condizioni di incertezza, di ambiguità, di improvvisazione e di «prassi consolidata», quella grazie alla quale si inserisce ora l'articolo aggiuntivo del Governo 4.01 che in realtà apporta solo risibili ritocchi quantitativi ad alcuni capitoli di bilancio . Crediamo invece che si debba provvedere in maniera diversa e aspettare che il Governo si metta d'accordo con la sua maggioranza, affinché il Parlamento sappia se quest'ultima sostiene veramente il Governo e le leggi finanziaria e di bilancio (Applausi a destra) .

RODOTÀ. Come galoppa in questi giorni la Costituzione materiale, signor Presidente! Credo allora che un momento di riflessione sia necessario .
Il Presidente del Consiglio sta dando prova, come dire?, di virtù repubblicana affermando che sarebbe quasi un tradimento, un attentato alla Costituzione se egli annunciasse di volersi dimettere o se desse un termine al suo Governo. Credo che molti in quest'aula potrebbero rallegrarsi di questo ravvedimento del Presidente del Consiglio, il quale non era assente in un precedente Governo, che aveva dichiarato esplicitamente nelle aule parlamentari di volersi dare un termine. Allora le obiezioni furono respinte con un po' di decisione.
Non so se, così come il Presidente del Consiglio si è ravveduto, si siano ravveduti anche i «giuristi di Palazzo» che sostennero la perfetta ammissibilità di un Governo di cui si era già annunciata la morte. Ma, nel nostro caso, credo che la situazione si a andata un po' oltre.
Presidente, so che vi è una «prassi consolidata»: l'ho vista consolidarsi sotto i nostri occhi! Ma è una prassi che non ci siamo mai stancati di contestare, fin dal primo caso. Oggi noi riteniamo politicamente inammissibile, prima ancora che formalmente discutibile, la riproposizione della tabella 1/A. In questo periodo, si è tanto parlato di trasparenza, ma mai il segnale politico è stato più trasparente di quello dato ieri dal voto della Camera.
Così come si è consolidata la prassi, si consolida la mia testardaggine nel ricordare altre virtù politiche: quelle dei Parlamenti prefascisti. So bene che allora i bilanci avevano un altro senso, ma esisteva anche un altro costume, un diverso rapporto tra il Governo e la maggioranza.
Certo, le tabelle venivano bocciate, ma vorrei ricordare all'Assemblea per l'ennesima volta che, respinto uno stato di previsione, il Presidente del Consiglio si ripresentava in aula non solo con un'altra tabella ma anche con un altro ministro responsabile del dicastero la cui tabella era stata bocciata.
Comprendo le difficoltà della situazione attuale, onorevole Goria: è infatti la prima volta che viene bocciata la tabella della Presidenza del Consiglio, ma invocare i precedenti non significherebbe altro che ritornare sulla richiesta politica di procedere ad un chiarimento; chiarimento che deve essere il frutto, signor Presidente del Consiglio, non più di dimissioni annunciate, ma di dimissioni da dare immediatamente! Questa è la novità derivante, a mio giudizio, dal voto di ieri!
Non alzo il tono né mi dichiaro indignato; ravviso però una forte contraddizione, signor Presidente del Consiglio, tra le professioni di legalità repubblicana che lei fa nelle pubbliche dichiarazioni e la prassi quotidiana del suo Governo. Basti pensare all'adozione di decreti-legge che riproducono norme bocciate dal Parlamento e al disinteresse per i voti da questo espressi, com'è avvenuto nella seduta di ieri, in cui si è registrata l'ennesima precipitosa ritirata del Governo.
Vorrei ricordare anche la dichiarazione resa dal ministro del bilancio del suo Governo, che si è detto pronto a tenere nella dovuta considerazione i voti espressi dal Parlamento. Ci mancherebbe altro! Il Parlamento, agli occhi del Governo in carica, è evidentemente degradato a mero organo di consulenza; i voti espressi in quest'aula sarebbero pareri obbligatori, ma non vincolanti per l'esecutivo! Ciò in base al pasticcio rappresentato dallo stravolgimento del sistema delle fonti — da noi denunciato immediatamente — a causa del quale votiamo articoli di disegni di legge che corrispondono a norma di decreti legge già in vigore.
La confusione è certamente massima, ma in questo caso non si tratta nemmeno di questo: siamo ormai allo stravolgimento della legalità costituzionale!
A proposito dei decreti-legge, ci appellammo inutilmente al Presidente della Repubblica: un appello che ai nostri occhi oggi appare impraticabile dopo il ruolo — non ho alcuna remora nel riconoscerlo — quanto meno incomprensibile giocato dal Presidente della Repubblica, in tale vicenda, con l' atto informale della telefonata.
Signor Presidente, esiste una forte contraddizione tra le dichiarazioni del Governo e gli atti da esso posti in essere; tra l'annuncio di una stagione di riforme istituzionali e la violazione sistematica di regole fondamentali del procedimento legislativo.
Non protesto contro i comportamenti del Governo e non compio l'inutile fatica dell'indignazione. Tuttavia, chiedo a me stesso e a tutti i colleghi — sia dell'opposizione sia della maggioranza — se siamo consapevoli di quanto sta accadendo e delle responsabilità che tutti ci stiamo assumendo nel secondare un simile modo di procedere dei nostri lavori.
Mi domando se stiamo sfiorando un a crisi istituzionale oppure, senza accorgercene, ci siamo già dentro. E questo l'interrogativo che nella mattinata odierna avverto con particolare urgenza; è questa la ragione per la quale, a questo punto, un chiarimento appare indispensabile. Tutti dobbiamo assumere un atteggiamento responsabile!
Il Presidente del Consiglio annuncia suoi comportamenti, tali quasi da far sembrare che la sfiducia costruttiva sia già stata introdotta nel nostro ordinamento, non sapendo che le dimissioni del Governo non hanno nulla a che vedere con la prassi della sfiducia costruttiva, come dimostrano le vicende politiche del paese — la Repubblica federale di Germania — in cui tale istituto esiste . Questo è il punto che dobbiamo affrontare stamane.
Presidente, le prassi consolidate non ci aiutano ad uscire da questa grave situazione: possono semmai portarci ad insistere in un modo di procedere che, ripeto, ci ha condotto nel cuore di una crisi istituzionale.
Forse la crisi di Governo avrà luogo se stamane, come ci auguriamo, la tabella della Presidenza del Consiglio verrà bocciata . Per questo, voteremo nuovamente contro tale tabella, se essa verrà messa in votazione e se non avverranno prima fatti nuovi. Ci domandiamo, però, se anche un simile evento, al punto in cui siamo, sia sufficiente! (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra indipendente e all'estrema sinistra) .

MACCIOTTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, come ricordava poc'anzi il collega Rodotà, anche noi riteniamo che la prassi della reiterazione sia discutibile. Essa è sempre discutibile quando non è seguita dalle dimissioni del ministro censurato dal voto della Camera ; è a maggior ragione discutibile se è stato censurato il Presidente del Consiglio (come è avvenuto ieri in modo inequivocabile), cioè colui che dovrebbe essere il responsabile del coordinamento delle politiche governative.
Se ammettessimo per un momento che il voto di ieri ha riguardato soltanto la tabella 1/A, potremmo anche sostenere che le variazioni contenute nella nuova tabella sono significative; ma tale criterio, ripeto, potrebbe valere solo se ammettessimo che il voto di ieri abbia avuto per oggetto la tabella della Presidenza del Consiglio in, quanto tale. Considerando invece la procedura che si è instaurata a partire dal 1978 e il rapporto che intercorre tra legge finanziaria e legge di bilancio, non vi è dubbio che l'approvazione di quest'ultima rappresenti quasi un atto dovuto; anzi, è diventata sempre di più un atto dovuto, a mano a mano che la legge finanziaria si è riempita dei contenuti di legislazione discrezionale prima demandati alla legge di bilancio.
Se, quindi, l'approvazione della tabella costituisce quasi un atto dovuto, al voto di ieri non si può attribuire un significato diverso da quello che ha avuto: si è trattato dunque di un voto politico sul Presidente del Consiglio e su questo Governo.
La risposta, allora, non poteva essere quella che il Governo ci ha dato questa mattina; non poteva cioè consistere in un a nuova tabella
nella quale, spostando 20 milioni dalla manutenzione alle spese postali e apportando analoghe opere di imbellimento, viene ripresentato, tale e quale, non già la stessa tabella ma lo stesso Governo. Ci saremmo aspettati che ci venisse risposto presentando un nuovo Governo e non una tabella. Ci saremmo aspettati le dimissioni di questo Governo per aprire quella crisi che non considererei nemmeno inevitabile, dal momento che è presente ormai nei fatti: solo il Presidente del Consiglio si ostina a non vedere che per tale crisi occorrono davvero solo il timbro e il bollo. Il Parlamento, con 17 votazioni contrarie al Governo [ndr, nel presente Governo Berlusconi IV le votazioni contrarie al governo sono state 90 esclusa quella qui in discussione] e con la bocciatura, per la prima volta, della tabella della Presidenza del Consiglio, ha posto il marchio finale a questo Governo.
E questo un problema solo dell'opposizione di sinistra, dei comunisti? Credo francamente di no. Ritengo anzi evidente che nelle votazioni che si sono svolte nei tormentati mesi di gennaio e febbraio si sia rotto in modo irreversibile il rapporto tra questo Governo e la sua maggioranza. Allora è in gioco qualcosa di più della tabella: è in gioco l'equilibrio dei rapporti costituzionali tra il Parlamento e il Governo!
Per questo, ci auguriamo oggi un secondo voto limpidamente negativo sulla tabella della Presidenza del Consiglio, in modo che sia chiaro a tutti che il Governo deve andarsene ed in modo che tutti coloro che hanno a cuore i valori della Costituzione aiutino questo Governo ad andarsene (Applausi all'estrema sinistra e dei deputati del gruppo della sinistra indipendente).

TAMINO. Signor Presidente, come hanno già osservato i colleghi che mi hanno preceduto, non c'è dubbio, che esista una prassi consolidata — ma non per questo a mio avviso accettabile — consistente nella reiterazione delle tabelle bocciate.
Non possiamo dimenticare che essa comporta problemi di natura costituzionale oltre che regolamentare; penso al significato del secondo comma dell'articolo 72 del regolamento il quale stabilisce che debbono trascorrere sei mesi prima che provvedimenti respinti possano essere assegnati alle Commissioni competenti. E' vero che l'articolo si riferisce a progetti di legge, ma è anche vero che la portata degli articoli bocciati è tale da renderli equivalenti ad un disegno di legge.
Tale problema è già stato affrontato in altre occasioni per cui mi preme soltanto far presente, dal punto di vista costituzionale e regolamentare, che la prassi in questione non ci pare assolutamente accettabile. E certo, però, che non esiste alcun a prassi che regoli l'ipotesi di doppia bocciatura di una tabella. Pertanto, vorrei che la Presidenza chiarisse che la prassi di cui discutiamo non può essere considerata come un qualcosa da utilizzare in maniera del tutto indiscriminata.
Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, al di là degli aspetti regolamentari e costituzionali, il vero problema è di natura politica: questo è un Governo privo di maggioranza. E un Governo il cui Presidente, con la massima arroganza, dopo un voto favorevole, si fa per dire, sulla legge finanziaria, sembra aver trovato nuova baldanza, al punto di affermare che non vuole più muoversi da quella poltrona finché non sarà formato un nuovo Governo, così alterando norme e prassi del nostro sistema.
Quanto è successo ieri in aula costituisce la risposta della maggioranza, che non è più d'accordo con il Governo e con il Presidente del Consiglio, alle dichiarazioni che quest'ultimo ha rilasciato. Lo stesso Presidente della Camera aveva riferito, nella riunione dei presidenti di gruppo, di un dialogo con il Presidente della Repubblica circa un sicuro chiarimento alla fine dell'esame della legge finanziaria . Noi vorremmo sapere — penso soprattutto ai colleghi della maggioranza — che cosa si intenda per chiarimento, che cosa intenda fare il Presidente del Consiglio, quando pensi di farlo, con quali obiettivi, con quali propositi . Si tratta di dichiarazioni che il Presidente del Consiglio non può rilasciare ai giornali senza presentarsi dinanzi all'Assemblea; né può fare qui «scena muta». E dentro quest'aula che il Presidente del Consiglio deve chiarire quale sia la sua volontà, quale l' intenzione di questo Governo. Noi non possiamo ammettere che una crisi politica si trasformi in una grave crisi istituzionale che coinvolge l 'intero paese: ciò a causa di un comportamento del Governo assolutamente inammissibile.
Per queste ragioni, signor Presidente, le chiedo di valutare attentamente il comportamento del Governo — soprattutto per quel che riguarda la presentazione di altri emendamenti — successivo ad una eventuale sua nuova «bocciatura». Noi riteniamo, infatti, che non si possa più tacer e su quella che — lo ripeto — non può essere considerata soltanto una grave crisi politica essendosi trasformata in una altrettanto grave crisi istituzionale rispetto alla quale il Governo deve fornire precise risposte all'Assemblea (Applausi dei deputato del gruppo di democrazia proletaria).

MELLINI. Signor Presidente, non starò qui a ripetere cose già dette egregiamente da altri colleghi per sottolineare la gravità della situazione (alla quale rischiamo di abituarci), la gravità di una crisi politica surrettiziamente trasformata in altro per un meschino interesse — che non sappiamo quanto tempo durerà — di permanenza di un'ombra di Governo.
Esso si trincera dietro l'atto dovuto dell' approvazione del bilancio. Si tratta di una proposizione in sé equivoca perché certamente costituisce atto dovuto l'approvazione di un bilancio, mai però quella di un «determinato» bilancio, per di più proposto, presentato e garantito da un determinato Governo.
La sostanziale falsificazione rappresentata dalla diversificazione formale delle tabelle bocciate rispetto alle altre che vengono riproposte, non può che sottolineare, in realtà, il valore politico — data l'identità sostanziale delle tabelle — della reiezione delle tabelle originarie.
Signor Presidente, io sostengo (lo sottolineava il collega Rodotà rievocando — e mi fa piacere che ogni tanto non si abbia paura di farlo — il valore di prassi che, in altri tempi, si era tentato di definire ottocentesche, in senso dispregiativo), io sostengo che il fatto più grave che si verifica oggi è questo: un Governo, che sapeva di non avere una maggioranza, si presenta in Parlamento per lo svolgimento di attività che, sia per il Parlamento sia per il Governo, rivestono un valore costituzionale particolarmente rilevante . Il Governo compie tali attività, e si affretta a definirle «dovute», sapendo di non avere una maggioranza!
Certo, nessuno meglio del Presidente del Consiglio — salvo forse qualcuno che fa parte del suo Governo — sa che il Governo non ha maggioranza. E un Governo che si trincera dietro la fiducia di De Mita (che, a suo dire, gli basta) e che si presenta oggi essenzialmente e soltanto come Governo precongressuale. Esso invoca la necessità dell'atto che ha voluto compiere, sapendo di non avere gli strumenti ed il potere politico reale per portarlo avanti.
In questa condizione, credo sarebbe veramente grave che, proprio adesso, si sottolineasse il carattere deteriore del voto segreto.
Credo che se si voleva una risposta alle critiche che sono venute anche da parte nostra — per l'omaggio che è certamente dovuto alla franchezza ed alla chiarezza degli atteggiamenti politici —, ebbene, essa ci viene data proprio dalla situazione che il Governo ha voluto creare.
Non si è trattato, infatti, di un attentato dei franchi tiratori, teso in modo proditorio, approfittando di una singola posizione: l'attentato alla chiarezza dei voti sulla situazione politica e lo stravolgimento surrettizio di quest'ultima non deriva dalla segretezza del voto ma — nel momento in cui si ricorre al voto di fiducia — da una falsificazione della situazione politica che interviene grazie ai meccanismi della partitocrazia . Si verifica uno stravolgimento grave, che rischia di compromettere anche la possibilità di modificazioni positive di dati regolamentari.
Non parlo di riforme istituzionali perché già troppo lo si è fatto, e questo è il momento meno adatto per parlarne. Come è stato giustamente sottolineato dal collega Rodotà, quando non si tiene conto di nessuna norma o prassi istituzionale non si può, con un minimo di credibilità, parlare di riforme istituzionali.
Questo è il punto fondamentale: il motivo per il quale il Governo Goria merita la sfiducia consiste nel fatto che esso ha affrontato — in assenza delle condizioni politiche necessarie e di una reale maggioranza in Parlamento — un momento così delicato, tentando di condurre a termine quello che, in un modo o nell'altro, è un atto dovuto e ponendo il Parlamento e tutte le istituzioni in una situazione di crisi.
A questo punto, di fronte alla pervicacia dimostrata dal Governo Goria (che non ha esitato a smentire le sue stesse proposizioni), non c'è da meravigliarsi se si arriverà ad atti estremi da parte della maggioranza reale esistente nel Parlamento.
Il Governo ha violato la buona fede con la quale il Parlamento aveva accolto le sue dichiarazioni che, pur non avendo una forma propriamente istituzionale, erano state corroborate anche dalle parole del Presidente della Camera (e dico questo in sua difesa), la quale si è infatti assunta la responsabilità di rappresentare al Parlamento gli intendimenti del Governo; intendimenti che poi il Presidente del Consiglio ha avuto (non dico per virtù né per vizio) l'ardire di smentire, ponendo così in una situazione difficile chi, con alto senso di responsabilità, aveva ritenuto, ripeto, di dover rappresentare al Parlamento l'esigenza di superare la grave situazione istituzionale in cui ci si era venuti a trovare.
Una situazione preoccupante, creata da un Governo che si è presentato al Parlamento senza un'effettiva maggioranza, pur in un momento così difficile, ad affrontare un compito di grande rilevanza istituzionale.
Mi auguro quindi che intervengano, nella forma in cui potranno esprimersi, voti successivi di sfiducia a questo Governo (che merita, appunto, sfiducia) e che alla fine il Governo stesso sia costretto a prendere atto di una situazione che non può più essere retta soltanto dalla pervicacia: né la cieca ostinazione né la disinvoltura in fatto di problemi istituzionali può ormai consentire la sopravvivenza del Governo, la quale non può che essere «infettiva» per tutte le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo federalista europeo).

PRESIDENTE (IOTTI): Onorevoli colleghi, prima di proseguire nei nostri lavori, vorrei fornire alcune risposte alle osservazioni che sono state sollevate.
Innanzi tutto, vorrei rispondere all'onorevole Tamino, il quale sostiene che la prassi che stiamo seguendo non ha fondamento. Vorrei ricordare all'onorevole Tamino (come ho fatto con altri colleghi negli anni precedenti) che questa prassi si fonda sull' articolo 81 della Costituzione (non del regolamento ma, ripeto, della Costituzione) che, con una espressione che non è presente in nessu n'altra parte della stessa, recita: «Le Camere approvano ogni anno i bilanci» . La Costituzione dice «i bilanci»: si tratta di un plurale, non di un singolare! Da questa affermazione dell'articolo 81 della Costituzione deriva il fatto che quando un a tabella viene bocciata non è possibile fermarsi ma occorre che il Governo presenti un'ulteriore tabella, il più possibile modificata, perché il bilancio complessivo deve essere composto di tutti i bilanci, se si vuol essere fedeli alla Costituzione.

RUSSO. Presidente, lei ha certamente ragione nel richiamare l'articolo 81 della Costituzione, che al primo capoverso recita: «Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo [ndr, i bilanci erano in discussione nel 1988, il consuntivo è ciò che è invece in discussione per il governo Berlusconi IV] presentati dal Governo». La Costituzione naturalmente — e per fortuna! — non dice da quale Governo tali bilanci debbano essere presentati perché siano approvati dalle Camere.
A me pare che l'obbligo delle Camere di ottemperare a quanto previsto nell'articolo 81 non implichi la necessità di tenerci sul collo il Governo presieduto da Goria.
Ritengo che valutazioni di natura politica, regolamentare e costituzionale impongano oggi al Governo di rassegnare le proprie dimissioni.
Mi consenta, Presidente, non per smentirla ma per rafforzare ciò che lei ha detto in precedenza, di ricordare quello che il Presidente della Repubblica, attraverso le sue parole, ha voluto comunicare alla Conferenza dei presidenti di gruppo. Quando lei ci riferì che si sarebbe avviato un chiarimento serio e approfondito non disse (come ha detto poco fa) «nel Governo e nella maggioranza», ma disse «fra le forze politiche». Ciò significava — commentò poi lei, onorevole Presidente Iotti — che si sarebbe aperta una crisi.
Ha ragione lei, Presidente Goria, quando dice — e gliene do atto — che nel momento in cui un voto della Camera si esprime contro il Governo, quest'ultimo ha il dovere di dare le dimissioni. Però Presidente, c'è una convenzione molto chiara: cioè l'impegno da parte del Governo di aprire la crisi dopo le votazioni sulla finanziaria e sul bilancio ha infatti acquietato i settori della maggioranza. Questi però sono divenuti nuovamente inquieti dopo che lei signor Presidente del Consiglio, ha fatto macchina indietro, dicendo che il chiarimento sarebbe avvenuto tra i gruppi e ne i gruppi parlamentari, cioè nelle assemblee dei gruppi, e negando, sostanzialmente, che avrebbe aperto una crisi. Da qui le giuste rimostranze delle opposizioni, le parole grosse come «bugiardo», ed altre.
In ogni modo, signor Presidente dell a Camera, è qui presente l'onorevole Goria: perché non parla, perché non dice quali sono i suoi intendimenti? Avrà pure un pensiero su quanto sta avvenendo in questi giorni!
Signor Presidente, vorrei appellarmi a lei, avanzando due proposte alternative per trovare una via d'uscita. O il Governo — qui rappresentato dall'onorevole Goria — chiarisce quali sono i suoi intendimenti politici in ordine alla discussione del bilancio; oppure lei, Presidente, dovrebbe convocare la Conferenza dei capigruppo . Mi rivolgo qui ai compagni e colleghi comunisti e agli altri gruppi dell'opposizione. Rileggendo l'articolo del regolamento dedicato alla sessione di bilancio, e constatando che è ripetutamente venuto meno il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo, mi rivolgo, ripeto, a chi ha il potere di chiamare il Governo ad una discussione sulla fiducia. Le chiedo insomma, Presidente, di indire una Conferenza dei capigruppo perché, con gli strumenti previsti dalla Costituzione e dal regolamento (cioè una mozione di sfiducia), qualora il Governo non intenda rassegnare le dimissioni, si faccia in modo di interrompere la sessione di bilancio e si passi a discutere il rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento . I colleghi e compagni comunisti e le altre forze di opposizione, raggiungendo un decimo dei componenti la Camera, com'è previsto dal nostro regolamento e dalla Costituzione, possono chiamare il Governo fin da domani ad una discussione politica generale.
Mi auguro, per altro, che il Governo rispetti le convenzioni costituzionali e che il Presidente Goria, avendo subito ripetute sconfitte, udito il Consiglio dei ministri si rechi dal Presidente Cossiga per rassegnare le dimissioni.
Se il Governo Goria, per sua protervia, non darà le dimissioni, ribadisco, Presidente, l'opportunità di convocare una riunione della Conferenza dei capigruppo per valutare l'attivazione di altri strumenti, onde impedire al Governo di continuare in questa farsa che rischia di degradare ulteriormente la vita istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo di democrazia proletaria).

RUTELLI. Signor Presidente, io non credo che il Presidente del Consiglio abbia molte cose da dire. Non credo ne abbia in assoluto; ma in questa circostanza, comunque, ritengo che possa solo prendere atto del fatto che non dispone di una maggioranza parlamentare.
Con questa considerazione potrei concludere, signor Presidente, il mio brevissimo intervento. Vorrei però aggiungere un'altra osservazione. Nella bocciatura della tabella relativa alla Presidenza del Consiglio possiamo individuare con chiarezza un segnale politico generale; probabilmente, nella bocciatura della tabella del dicastero delle finanze retto dal ministro Gava, possiamo cogliere un segnale politico certamente anch'esso generale, ma sicuramente anche molto interno al dibattito in seno alla democrazia cristiana.
Lo stesso segnale potrebbe capitarci di vedere, e alla stessa vicenda potrebbe magari capitarci di assistere, in occasione della votazione di altre tabelle, relative a dicasteri retti da ministri democristiani, che si trovano in posizioni altrettanto delicate nell'ambito del dibattito interno alla democrazia cristiana, Tutto questo, signor Presidente della Camera, non è accettabile per la dignità del nostro Parlamento.
[...]
Concludo il mio intervento, Presidente, ribadendo le considerazioni svolte in precedenza. Il Governo deve trovare al suo interno la dignità necessaria a prendere atto della mancanza di una maggioranza. L'attuale maggioranza deve prendere atto che non può più scaricare le proprie contraddizioni, i propri conflitti e le proprie divisioni interne sulle istituzioni, ed in particolare sulla Camera dei deputati, perché in tal modo da una grave, gravissima crisi politica della maggioranza e del Governo si giunge ad un a drammatica crisi istituzionale. Rifletteteci: è un compito che spetta a voi, in questo momento! Onorevole Martinazzoli, la responsabilità incombe in particolare sul vostro partito! (Applausi dei deputati dei gruppi federalista europeo e della sinistra indipendente).

SCALFARO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, non sono passati molti giorni da quando, credo perché assente l'onorevole Pajetta o altri colleghi più anziani di me, mi è stato riconosciuto un titolo che se da una parte può essere onorifico, dall'altra mi ha un po' sconcertato: quello di essere il decano di quest'Assemblea.
Mi è parso impossibile, per dettame della mia coscienza, di tacere in questo momento. Non ho alcuna veste di pubblico ministero verso chicchessia, ma soffro di una sofferenza profonda per il degrado del Parlamento, nel quale io credo profondamente e che amo con tutte le forze della libertà.
Noi, onorevole Presidente — lei, Pajetta, Colombo, io e pochi altri — siamo qui da quarantadue anni. Troppo, certo! Non è retorica pensare ancora una volta — e mi assolvano i colleghi — che cosa è costato alla patria questo Parlamento; i morti, i feriti, le sofferenze, le lacerazioni!
Io credo che noi denigriamo il Parlamento quando gli scrutini segreti — almeno per la mia vecchiaia i colleghi non mi zittiscano — sono largamente distribuiti nella maggioranza . Gli scrutini segreti esprimono volontà contrarie. E desolante. Soprattutto quando si pensa che una persona eletta si trovi libera soltanto nel segreto dell'urna.
Ma è anche una constatazione, signor Presidente del Consiglio, che il Governo, che ha il diritto di muoversi come crede, non può sopravvivere a scapito della dignità, della sovranità, della libertà, della decenza del Parlamento (Applausi all'estrema sinistra e dei deputati dei gruppi della sinistra indipendente, di democrazia proletaria e verde).
So di dire cose che fanno soffrire, ma poiché le sento, non posso non dirle . Rivolgo, da semplice iscritto di un partito (la democrazia cristiana, nel quale credo e che amo con tutte le glorie, le fatiche e gli eventuali errori che ha compiuto) una preghiera, un invito ai responsabili vertici della maggioranza, affinché non consentano che il Parlamento subisca danni così gravi nella pubblica opinione, come accade in questi giorni (Applausi al centro, all'estrema sinistra, dei deputati dei gruppi della sinistra indipendente, democrazia proletaria, federalista europeo, verde e a destra).
Non possiamo consentirlo! Non possiamo consentirlo noi, votando a scrutini o segreto contro gli impegni di una maggioranza che ha il dovere sacrosanto, se vuol bocciare il Governo, di alzarsi e di dire che lo boccia. Non ho mai votato contro il Governo a scrutinio segreto. A volte ho assunto impegni che mi hanno portato ad essere antipatico o in contrasto anche con persone responsabili del mio partito, per aver detto in faccia il mio pensiero, che può essere sbagliato: ma è questo il nostro dovere.
Nessuno, né Parlamento, né gruppi, né maggioranze, né opposizioni, né Governo, nessuno ha il diritto di umiliare questo Parlamento che è il vertice della Costituzione, che è stato per quarant' anni garanzia di libertà ed è l'unica speranza di libertà per il popolo italiano (Vivi applausi al centro, all'estrema sinistra e dei deputati dei gruppi della sinistra indipendente, verde, federalista europeo, di democrazia proletaria e a destra).

GORIA. Ed è a questo senso di responsabilità che io intesi fare appello quando, nella ricordata seduta del 28 gennaio scorso, ebbi a dire: «Credo che non sia davvero fuori luogo ricordare, gli uni agli altri, le comuni responsabilità in un tempo difficile per l'economia del paese, a fronte di una situazione internazionale che sta in qualche modo proponendoci problemi nuovi».
Devo registrare purtroppo che, malgrado l'appello del Governo, questo senso di responsabilità è spesso mancato è soprattutto continua a mancare ancora, come dimostra l'ultima votazione di stamani. Si è evidentemente di fronte ad una situazione che non può più essere accettata né subita, malgrado tutte le considerazioni sopra esposte.
Il mio Governo che, come ho ricordato, era nato anche avendo come obiettivo politico la ricostruzione di una forte alleanza di maggioranza e come obiettivo di Governo quello di assicurare la guida del paese in una fase complessa ed estremamente importante del suo sviluppo, è consapevole di aver fatto, per parte sua, fino in fondo la propria parte . Il Governo poteva essere disposto, ed era disponibile per il futuro, a farla ancora solo se ciò fosse stato utile al processo di rafforzamento politico della maggioranza e se fosse stata unanime la convinzione che ciò fosse doveroso e necessario nell' interesse del paese .
E sulla base di queste considerazioni che, dopo l'ultima votazione di stamani, ho ritenuto di chiedere alle forze politiche che nell'agosto scorso diedero vita al mio Governo se ritenessero utile consentire al Governo stesso di esercitare tutte le su e prerogative per impedire il manifestarsi di fenomeni che, facendo venir meno la maggioranza, rischiavano di indebolire e logorare la stessa coalizione e rendevano comunque difficile il perseguimento degli obiettivi che il Governo si era dato.
Non essendo emersa una risposta comune a questa domanda — che consideravo e considero fondamentale — ed essendo invece emerse, all'interno della maggioranza, valutazioni diverse, in qualche modo differenziate, devo prendere atto che il Governo non può ulteriormente proseguire nel compito che gli era stato affidato. Rassegnerò di conseguenza ed immediatamente le dimissioni al Presidente della Repubblica.
Consentitemi — per paradossale che possa apparire, ma è davvero sincero — di esprimere, in conclusione, l'augurio che questo atto porti ad una più forte maggioranza al servizio di un più forte paese. Vi ringrazio (Applausi al centro e dei deputati dei gruppi del PSI, del PSDI, del PRI e liberale — Applausi polemici dei députati del gruppo di democrazia proletaria).

Berlusconi ci riporta alla Prima Repubblica.