sabato 15 novembre 2008

Gli studenti tornano al voto

Momenti sicuramente caldi per la scuola e l'università.
La riforma dell'istruzione è abbastanza confusa. Non si capisce niente. E' veramente complicato capire cosa alla fine cambierà e cosa invece rimarrà uguale. Si parla di grembiule, di tagli, di maestri unici-prevalenti, e di ritorno al voto, dopo che per un periodo era stato sostituito col giudizio.
Oltre al normale voto viene reintrodotto anche il voto in condotta, che forse è cosa buona.

Il punto, secondo me, è che in ballo non c'è solo il voto agli studenti, ma, e forse soprattutto, anche il voto degli studenti.

Vorrei quindi fornire qualche dato per costruirne una discussione. Il post è corposo, ma credo che sia necessario per presentare il panorama elettorale e poter poi fornire una possibile chiave di lettura riguardo la discussione della riforma.

Nel 2006, dopo cinque anni con i governi Berlusconi II e III, i giovani (per giovani intendo chi vota alla Camera ma non al Senato, ovvero chi è tra i 18 anni e i 25) pendevano visibilmente a sinistra. Vediamo perché.

Al Senato Berlusconi prese 17.153.978 voti e Prodi 16.725.401, su un totale di 34.162.615 voti validi.
Alla Camera Berlusconi prese 18.977.843 voti e Prodi 19.002.598, su un tot di 38.153.343 voti validi.
[Al Senato, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige sono assenti per via del diverso sistema elettorale, alla Camera la sola Valle d’Aosta è assente]
Per paragonare i due risultati bisogna scorporare i voti del Trentino alla Camera, che sono 226.380 per Berlusconi e 397.348 per Prodi, su 640.911 voti validi.
Dopo lo scorporo, alla Camera Berlusconi prese 18.751.463 voti, Prodi 18.605.250, su un totale di 37.512.432.

Cominciamo una breve analisi. Assumiamo (almeno per semplicità), che chi abbia votato Berlusconi o Prodi alla Camera lo abbia fatto anche al Senato, e tralasciamo schede bianche, nulle e formazioni minori (e chiaramente assumiamo anche che non ci siano stati brogli).

Alla Camera hanno votato 3.349.817 persone in più, che presumibilmente sono i giovani tra i 18 e i 25 anni. Di questi, 1.879.062 hanno votato per Prodi, mentre 1.597.485 per Berlusconi. La percentuale è 47,69% per Berlusconi, e 56,09% per Prodi. Paragonando queste percentuali con quelle al Senato, rispettivamente 50,21% per Berlusconi e 48,96% per Prodi, appare chiarissimo come il voto giovane sia stato palesemente a favore di Prodi e a scapito di Berlusconi.
Si va da un vantaggio del 1,25% di Berlusconi al Senato, ad uno svantaggio, sempre per Berlusconi, addirittura del 8,4% nel voto giovane.
Quindi c’è stato uno spostamento, nei giovani, del 9,65% verso Prodi rispetto alla media nazionale degli over 25.
Motivi? Tanti, credo, e se ne può sicuramente discutere.

Ma prima facciamo una analoga analisi (purtroppo la stessa non è possibile per via del voto utile) dei risultati delle elezioni del 2008.
Senato: Berlusconi 15.507.548 con il 47,32%, Veltroni 12.456.444 con il 38,01%, voti validi 32.771.227.
Camera: Berlusconi 17.064.314 con il 46.81%, Veltroni 13.686.501 con il 37.55%, voti validi 36.452.286.
Giovani: 3.681.059 voti validi.
Berlusconi, alla Camera, ha preso 1.556.766 voti in più che al Senato, e Veltroni 1.230.057 in più alla Camera che al Senato.
Come accennato sopra, qui il discorso si fa più complicato per via del “voto utile”. Ovvero non si può assumere che le persone abbiano votato per lo stesso partito perché questo chiaramente non sarebbe vicino alla realtà, anzi è ovvio dai risultati che alla Camera, per via degli sbarramenti più bassi, i voti siano andati con più facilità alle formazioni minori, (infatti le rispettive percentuali sono scese rispetto al Senato).

Però, anche se non si può fare una analisi semplice come quella del 2006, si può comunque fare un controllo di consistenza.
La percentuale relativa è diminuita dal Senato alla Camera dello 1,01% per Berlusconi e dello stesso identivo 1,01% per Veltroni. Questo significa che anche il rapporto relativo tra le due coalizioni rimane pressoché invariato, infatti, calcolandolo, Berlusconi ha preso il 24,49% in più di Veltroni al Senato e il 24,66% in più alla Camera. Sembra quindi, a meno di qualche assurda coincidenza statistica, che:
non c’è stato quello spostamento dei giovani da Veltroni verso Berlusconi o viceversa (come invece accadde nel 2006 verso Prodi);
sembra infatti che i giovani si siano divisi piuttosto uniformemente, mantenendo equa la bilancia Berlusconi-Veltroni.
Questo non vuol dire, chiaramente, che i giovani non abbiano preferito Berlusconi, ma vuol dire semplicemente che i giovani che hanno deciso di votare una delle due coalizioni maggiori, sembrano essersi schierati per Berlusconi o per Veltroni con la stessa percentuale del resto della popolazione. In pratica l'effetto giovani è stato presente nel 2006, ma assente nel 2008.

Questo vuol dire che chi è al governo non viene penalizzato in genere e senza distinzione, ma che quando c’è stato Berlusconi, i giovani erano "più" contro di lui (o "più" a favore di Prodi) del resto della popolazione, mentre quando al governo c’è stato Prodi (anche se per meno tempo), i giovani si sono divisi più equamente tra Berlusconi e Veltroni, seguendo la divisione intrinseca nazionale. Secondo me questo deve far riflettere.

Lo scopo di tutta questa analisi è che, per un Governo, mostrare i denti ai giovani, non solo è sbagliato, ma è anche controproducente.

Sbagliato, perché a me piacerebbe vedere, da un Parlamento che almeno sulla carta ha una maggioranza così salda, non un pugno di ferro ma una discussione aperta; e aperta non (solo) all’opposizione, ma piuttosto al popolo tutto (e almeno agli studenti).
Affrontare un tema del genere in decreto legge, con una discussione parlamentare quasi assente, è umiliante per tutti, dagli studenti ai Parlamentari stessi, sempre più spogliati delle loro prerogative in favore di un Governo decisionista.
E mi sembra giusto domandarsi: perché non si è cominciato a dialogare prima del dl, magari nella televisione pubblica, su cosa sarebbe dovuto cambiare e come?
Perché non si sono ascoltati questi studenti, che magari una riforma la vogliono pure (ché mica sono burattini in mano alla politica, loro capiscono i limiti dell'attuale sistema), ma la vorrebbero capire e discutere invece di trovarsi un muro davanti?
Perché non si è fatto così e solo “dopo” non si è scritto il dl?

Controproducente, perché il trattare in questo modo rocambolesco e frettoloso scuola e ricerca, con questa mannaia dei tagli che non si capisce se c’è o non c’è, semina proprio quel panico e ansia che il Presidente del Consiglio a parole vorrebbe evitare. E questo genera malcontento che poi cresce e si paga elettoralmente, così come lo si è pagato nel 2006.
Perché infatti agire così, in quattro e quattrotto e con una strategia della fermezza (neanche fosse il caso Moro), con un decreto approvato al volo e con il ministro Gelmini che annunciava dal balcone: “Tra una settimana il provvedimento sull’università”? Questo genera solo, se mi permettete, le incazzature degli studenti, anche di quelli bravi. Di tutto si può parlare poi, ma che almeno si parli, non si stia lì solo a dettar legge.

Che poi a me questa riforma della scuola non sembra neanche completamente infondata o sbagliata per principio, ma, onestamente, vorrei capirla meglio; e quando si vede questa fretta e questa poca disponibilità a parlare di riforme di cui non si capisce neanche bene l’effetto, e l’unica cosa che appare invece chiara è la fermezza e la velocità del Governo, ti viene anche il dubbio che forse il Governo/Parlamento spera di far passare i tagli e chiudere la discussione in fretta e furia, ché tanto la settimana prossima si parlerà di qualcos’altro.
Magari di federalismo, legge elettorale o finanziaria.
E i giovani coveranno odio. Quando invece molti di loro vorrebbero costruire sul serio una scuola migliore.

Non sarebbe il caso che qualcuno sfrutti la voglia di cambiare e di discutere di questi giovani, che hanno di fronte a loro un panorama negativo e tristi prospettive sul futuro, e che di certo sono a conoscenza che l’Italia vada cambiata?

Per quanto riguarda invece la riforma dell'università, invece, sembra che la Gelmini abbia fatto un passo indietro (anche grazie a Napolitano, oltre che alla mole di protesta sollevatasi). Sembra che ora voglia dialogare. Bene. Anzi, speriamo bene.

Perché io, forse cinicamente, mi domando: lo sta facendo veramente perché ha capito che non si può fare una riforma nel proprio ufficio e presentarla come pacchetto preconfezionato, oppure lo sta facendo solo perché il Governo sta perdendo troppo in consensi?
Mi si potrebbe dire che non importa, che fa parte della politica, e che l'importante è che gli studenti siano ascolatati e che la riforma sia per loro e non per i politici che hanno bisogno di tagliare fondi spregiudicatamente.

Sarei anche d'accordo, ma non dimentichiamo il 2005 e la caduta di stile di cui è stata oggetto Daniela Santanche (vedi foto e qui) quando mostrò il dito medio agli studenti radunatisi a Montecitorio per protestare contro la riforma Moratti dell'università del governo Berlusconi III. Quella foto fece il giro di internet e fu appesa sulle bacheche di tutte le università italiane. Comunicò l'idea di come la Santanché si prendesse addirittura gioco degli studenti in protesta. E non importa poi molto se lei stesse rispondendo solo a qualche insulto o se stesse veramente prendendosi gioco degli studenti che si sentivano senza alcun potere, perché un personaggio pubblico non può permettersi di rispondere in questo modo. Infatti, a mio avviso, quel gesto contribuì a dare un simbolo ai giovani per votare contro Berlusconi.

Quindi la mia paura odierna è questa. Ovvero che intanto abbiano fatto passare la riforma della scuola (che quelli, i bambini, tanto votano tra un sacco di anni, specialmente quelli delle elementari), mentre per l'università mostrano di voler essere aperti ad un dialogo, anche se poi non è detto che la riforma sia veramente un riflesso dei problemi degli studenti.

Spero di sì, e spero che la riforma aiuti veramente questa università italiana spesso imparagonabile con le università del resto d'Europa e del mondo.

Ma mi domando: per arrivare alla situazione odierna, c'era bisogno di fare tutto questo impiastro? Di avere occupazioni, manifestazioni, scontri, polizia, proteste...

Non si poteva cominciare dal dialogo? Troppo semplice... da mondo civile.

domenica 9 novembre 2008

Una boccata d'aria fresca

Gli Stati Uniti hanno da poco raggiunto un risultato storico destinato a cambiare gli equilibri del pianeta, così come è appena cambiata la mappa rosso-blu dell'america (rossi e blu sono chiamati rispettivamente gli stati repubblicani e democratici, vedi le mappe su wikipedia).

Su Barack Obama si è detto e si dirà così tanto che mi sembra anche superfluo e ingenuo pensare di poter dire qualcosa di nuovo.
Ma sento di voler raccontare due momenti, uno di carattere personale ed uno di carattere generale, per poi concludere lanciando un messaggio.

Comincio quindi con una piccola storia. Questa storia non ha niente di importante, è una storia semplice ma piena di passione. Durante il giorno del voto americano, il 4 novembre, un amico ci scrive un sms che suonava più o meno così: "Ho appena votato. Erano passati circa due anni dall'ultima volta che avevo pianto. Vai Obama!" Obama aveva già vinto? No. E allora perché questa persona si commuoveva? Il motivo è semplice, anche la sola emozione di poter votare per un uomo del genere, che si è fatto portatore di un messaggio di tale rinnovamento, gli bastava per portarlo alle lacrime. Era contento anche solo di poter sperare, per un pugno di ore, che Obama sarebbe potuto essere il prossimo presidente degli Stati Uniti. Per fortuna le sue e le speranze della maggior parte degli americani non sono rimaste solo fantasmi, ma si sono concretizzate in una forte vittoria.

L'altra cosa su cui mi vorrei soffermare è il messaggio che Obama porta con sè e che spero arrivi chiaro anche in Italia. Non mi soffermerò sul pensiero di Obama, che è già costantemente ed estensivamente analizzato ovunque, quanto sul fatto che questo singolare Senatore nero sia riuscito a vincere nella terra del capitalismo parlando di dialogo e riforme, di equità sociale e di redistribuzione della ricchezza.
In un momento in cui in Europa sembra che la Sinistra non riesca a tenere il passo della Destra, tanto che si cominciava a pensare che attualmente fosse molto difficile vincere con quel tipo di argomenti, il risultato di Obama rimescola le carte. Ci dice che se si mandano i messaggi e le idee giuste, a Sinistra si può vincere senza stravolgere le basi (in tal proposito c'è una bella intervista a D'Alema sull'Unità del 7 novembre, vedi qui).

Chiudo con un messaggio di speranza. Che la Sinistra italiana si avvicini sempre di più agli Stati Uniti, che pur se talvolta pervasi di controsensi e di eccessi (come d'altronde lo è anche l'Italia) possono ancora darci, come durante queste elezioni presidenziali, incredibili lezioni di democrazia difficilmente immaginabile ai nostri occhi italiani, ancora troppo italiani.

Intanto, grazie Obama! Con il governo italiano che non ci fa dormire sonni tranquilli, una boccata d'aria fresca era quello che ci voleva.